Ave Maria M.S.

I pirati di areonavi di Alex

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  1. AlexRedgrave
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    Fino ad ora mi sono trattenuta dal postare in questa sezione. Io non scrivo spesso se non per ruolare, però ecco, visto che siamo entrate in confidenza ho deciso di condividere alcune cose che ho scritto.
    Sono raccontini che parlano dei mie due OC del cuore: Rivet e Dog. Sono persone male ma gli voglio più bene di quanto sia sano fare con dei personaggi inventati e spero che anche a voi restino simpatici. :-V

    CITAZIONE

    Anansi


    A dispetto del nome creolo, Rivet nacque e crebbe in una casa popolare nei sobborghi di Londra, settimo di sette fratelli maschi.
    Appena nato, la levatrice gli aveva dato uno sguardo, aveva scorto quegli occhi pallidi, di un grigio opalino e gli aveva sputato addosso, inorridita e terrorizzata.
    Sua nonna, oltre a possedere gli stessi occhi grigi, era stata una strega del Candomblè e, quando aveva saputo che il suo settimo nipote aveva ereditato il colore dei suoi occhi, aveva sperato che potessero avere in comune ben di più. Crescendo Rivet non aveva mostrato alcuna dote più rara di un'intelligenza vivace, di un bell'aspetto, reso ancora più interessante dal colore esotico dei suoi occhi e di una totale mancanza di iniziativa e spina dorsale; la nonna, tuttavia, non si era mai del tutto arresa con lui e, sebbene non fosse il nome che i suoi genitori avevano scelto per lui, insisteva a chiamarlo Anansi, come il dio degli inganni e delle astuzie e almeno la lingua sciolta li accomunava per davvero.

    Quanto a Dog, nessuno seppe mai dove fosse nato e cresciuto, nè come si chiamasse prima di adottare quel soprannome e i suoi occhi chiari, in un viso altrettanto chiaro, non destarono mai molto interesse.

    CITAZIONE

    La polvere di Londra



    Quando Rivet aveva sedici anni all'incirca, si era unito ad un gruppo di neri per l'uguaglianza sociale: "I fratelli della polvere" si chiamavano, Dio solo sa perché. Predicavano parità e fratellanza e, col favore della notte, se ne andavano in giro armati di vecchi tubi di metallo e catene arrugginite a pestare qualunque bianco benestante gli capitasse a tiro. O qualunque bianco, punto. Erano una accozzaglia di idioti e di esaltati ma, a quel tempo, lui non era da meno.
    Tra i membri più anziani della banda c'era Dog. Come Dog fosse entrato nei Fratelli della polvere era un mistero; se chiedevi in giro, c'era sempre stato.
    Nessuno gli dava molta importanza o lo prendeva sul serio: tutti lo vedevano come poco più di una mascotte, un fenomeno da baraccone. Questo poteva o non poteva avere a che fare col fatto che Dog fosse bianco come il latte.
    Era una testa calda, uno svelto di mani e l'accennare a questa sua... chiamiamola "condizione di giovane maschio caucasico", poteva costarti un osso rotto o un paio di punti di sutura; peggio, se lo beccavi coi coglioni girati.
    Il giovane Rivet, essendo stato informato a priori di questa sua peculiarità, si era intelligentemente astenuto da ogni tipo di commento od osservazione trovatosi faccia a faccia con lui e questo aveva fatto si che il cane bianco lo prendesse da subito in simpatia.
    E, come certi cani da combattimento, una volta che ti aveva azzannato non ti mollava più.

    "Ehi, fratello!" lo salutò Dog, alzando una mano a schermare gli occhi azzurri dal riverbero. Poco importava che Dog non sarebbe potuto passare per suo fratello neanche al buio, da lontano e girato di spalle.
    Era alto sul metro e ottanta, magro ma non esile, le spalle larghe ingobbite e completamente rasato, testa e sopracciglia. Non aveva ancora tanto metallo addosso come ne avrebbe avuto in seguito, ma uno degli anellini all'angolo del labbro inferiore c'era già e lui se lo tormentava senza sosta.
    "Hai sentito del casino di ieri?", domandò sedendosi accanto a Rivet sul muricciolo che dava sul Tamigi, opaco dei veleni e delle scorie tossiche dell'epoca passata che non si erano ancora dissolte del tutto.
    Erano le otto di mattina e Rivet non sapeva un cazzo se non che era sveglio da mezz'ora e che, evento più unico che raro, Dog non era ancora sbronzo dalla sera prima. Glielo disse.
    "Non ho bevuto ieri sera, ti ho detto che è successo un casino!"
    "Che casino?", gli domandò con vaga curiosità.
    Dog sbuffò, ma si vedeva che non aspettava altro che lanciarsi nel racconto.
    "Hai presente quel novellino, l'amico di Simon? Quello cieco da un occhio," chiese, passandosi nervosamente le mani sulle ginocchia consunte dei pantaloni di flanella grigia.
    "Rob 'il guercio'?"
    "Si, Rob 'la testa di cazzo che se lo becco lo finisco di accecare perbene' - una pausa per sputare a terra - Ha esagerato ieri e c'è scappato il morto ammazzato."
    Due signorine scesero lungo lo stradone di vecchio cemento con i loro ombrellini di pizzo e, quando li scorsero in lontananza, girarono prontamente sui tacchi. Rivet le guardò allontanarsi e non disse nulla.
    "Qualcuno è andato a raccontare ai miliziani che è stato un negro," proseguì Dog; aveva puntato i gomiti sulle cosce e si teneva la testa tra le mani. "Hai presente che la zia di Baco fa le pulizie a casa di quell'ufficiale? Dice che adesso la milizia vuole mettere il coprifuoco per i negri, porca merda!"
    "Porca merda!" gli fece eco lui.
    Da quel che sapeva Rivet, Baco raccontava un sacco di cazzate ma con un morto ammazzato, poco ma sicuro bianco come la neve, stavolta il casino poteva essere vero.
    Dog borbottò un paio di bestemmie con gli occhi fissi sulle crepe dell'asfalto, poi si drizzò e gli passò un braccio attorno alle spalle. "Senti fratellino, io me ne vado. Cazzo, se hai un po' di cervello vattene anche tu, sento odor di merda nell'aria."
    Le labbra di Rivet si tesero in un ghigno: "Hai scorreggiato controvento?"
    L'altro non parve apprezzare la battuta di spirito. Gli si formò un solco tra le sopracciglia glabre e si girò a guardarlo torvo. Sembrava più pallido del solito ma forse era solo la luce smorta che filtrava attraverso le nubi tossiche del cielo londinese.
    "Cazzo, vaffanculo! Per una volta che cerco di essere serio, merda." protestò oltraggiato.
    "Non te la prendere con me," gemette Rivet, "Io cercavo solo di sdrammatizzare. Mica è colpa mia il casino," aggiunse in un mugugno.
    "Sdruma-che?"
    Dog arricciò il labbro superiore in una smorfia e, per un solo momento, sembrò davvero un randagio che scopriva le zanne. "Non mi cercare di prendere per il culo coi tuoi cazzo di paroloni," ringhiò, "lo sai che mi fa incazzare."
    Rivet gli lanciò un'occhiata perplessa e subito distolse lo sguardo, mormorando un 'come vuoi, Dog'. L'esperienza gli diceva che era meglio assecondarlo.
    Tacquero per un po' e, quando una grossa nave passò ronzando sopra le loro teste, entrambi la seguirono con lo sguardo finché non scomparve dietro la sagoma imponente dell'eliporto.
    Alla fine, complice della sua innata loquacità una strana malinconia che gli si era insinuata fino alla bocca dello stomaco, fu Rivet a rompere il silenzio.
    "Dove te ne vai, Dog?" chiese, "Quand'è che parti?"
    "Mah," sospirò lui, passandosi il palmo di una mano sulla testa nuda, "Pensavo di fare così: pensavo di imbarcarmi sulla prima nave che trovo. Se ce n'è una che sta a corto di uomini, tanto meglio, altrimenti mi va bene anche un cargo."
    Dog saltò giù dal muricciolo con un movimento scoordinato ma agile ed entrambi lanciarono una seconda occhiata all'eliporto, con le sue areonavi che entravano ed uscivano come api da un alveare.
    Come sempre quando era a corto di qualcosa da dire, Rivet si lanciò in un racconto che c'entrava quanto bastava per non essere fuori luogo. Parlava di un tizio imbarcatosi clandestinamente nella stiva di un cargo: durante la turbolenza, una grossa cassa (il cui contenuto cambiava ad ogni versione del racconto) era venuta via dall'alloggiamento di sicurezza, investendolo e uccidendolo.
    "Quel poco che ne restava non ne voleva sapere di venir via dalla parete della stiva e allora..."
    Dog lo interruppe, come sempre quando si lanciava in questo genere di racconti. La verità era che odiava quando qualcuno parlava più di lui.
    "Vieni con me, no?" disse. Lo prese per un braccio e lo tirò in piedi, "Tanto con quello che è capitato i 'fratelli' sono belli che finiti. Che ci resti a fare qui, a sguazzare nella merda?" la sua espressione era del tutto sincera. Dog era sempre, inevitabilmente, brutalmente sincero. "Perchè se rimani in 'sto posto, è li che finisci."
    Rivet lo guardò con stampato in faccia un sorriso vuoto, "E se vengo con te, invece?" domandò con ben più di una vena di sarcasmo nella voce, "Finisco nella bambagia?"
    Dog scrollò le spalle. "Ne so un cazzo," rispose mestamente, il suo entusiasmo esploso come una bolla di sapone, "Magari finiamo smerdati uguale, ma tanto vale tentare."
    E in definitiva, Rivet dovette ammettere che male non poteva venirgliene.

    Quest'ultima la metto sotto spoiler, perchè ha delle tematiche mature (insomma, è mezza porno. Niente sfumature di grigio però).
    CITAZIONE

    Minaccia di castrazione



    In sei anni avevano girato quasi mezza europa o almeno metà di quel poco di europa dove era ancora possibile spingersi in aeronave, dove l'aria era ancora respirabile, i livelli di radiazioni accettabili ed il sole non troppo velenoso.
    Rivet era cambiato molto: era cresciuto in altezza fino a sovrastare Dog di una buona dozzina di centimetri, il viso scuro si era indurito attorno all'elegante ossatura del cranio e adesso era quello di un uomo, non più di un adolescente. Un vecchio masnadiere con più cicatrici che denti lo aveva iniziato alle arti marziali e lui aveva preso quasi venti chili di muscoli.
    Il venticinquenne Dog, dal canto suo, era più o meno come il diciannovenne Dog ma con un secondo cerchietto argentato attorno al labbro sottile e con più capelli: aveva deciso di farsi crescere un mohawk, diceva che lo faceva più tosto. La penuria di sopracciglia era la stessa e Rivet iniziava a chiedersi se non fosse una caratteristica naturale. Non che avrebbe mai osato chiedere.

    Al termine di un viaggio di quasi tre settimane si erano fermati a Calleigh, una squallida città del nord che era poco più di un buco rozzamente scavato tra le montagne e riempito di cemento armato e metallo, per consegnare un carico di carbone.
    Rivet e Dog si erano accordati di ripartire al più presto, magari a bordo di qualche elicisterna d'acqua potabile, diretti verso qualche grande città nell'entroterra, per il momento però erano intrappolati in quel buco di merda, rinchiusi nell'unica, puzzolente camera di una squallida bettola intonacata di rosa, in compagnia di una bottiglia di rum a buon mercato e di un'altrettanto economica meretrice del posto.
    Rivet stava avendo il suo turno e Dog gli era steso accanto nudo, con una mano tra le gambe e la bottiglia di rum nell'altra. Lo sentì ruttare sopra i gemiti della donna e il cigolio del materasso e staccò gli occhi dal seno prorompente della prostituta per voltarsi a guardarlo.
    Sembrava la testa di cazzo più felice del pianeta con la sua bottiglia e quel sorriso sbilenco da ubriaco.
    "Merda, Rivet," fece con la voce impastata dall'alcool, "Voglio vivere così per sempre." Questi gli rispose con un grugnito, troppo impegnato con la situazione sotto mano per dare sfoggio del suo vasto vocabolario.
    Dog fissò lo sguardo sulla bottiglia e la guardò storcendo il naso, quasi che fosse coperta di sterco, prima di scagliarla contro il muro, dove s'infranse in un'esplosione di schegge di vetro e liquido incolore. Si tirò su, oscillando col movimento del materasso e si appoggiò alla schiena di Rivet, modellandosi contro di lui. Rivet tentò di dislocarlo con una gomitata nei reni, senza successo.
    "Pensavo che, se lo dico a voce altra, s'avvera," sussurrò in tono cospiratorio, ripagandolo di una seconda gomitatacon una mano serrata attorno alla gola.
    Rivet rallentò e si fermò; sentiva il suo alito sulla nuca, puzzolente di alcool. Si fidava di Dog abbastanza da mettere la propria vita nelle sue mani ma quell'uomo era matto come un cavallo e da sbronzo diventava imprevedibile.
    "Continua," lo intimò, la minaccia implicita nella sua voce. Gli chiuse l'altra mano attorno alle palle, prima di liberargli la gola. Non stringeva al punto di fargli male, nè di stimolarlo in alcun modo, solo abbastanza da fargli sapere che era lì e che poteva premurarsi di far si che non avesse mai figli, se così gli fosse andato.
    Intimidito, Rivet riprese a ondeggiare i fianchi in un movimento meccanico, ogni traccia di piacere svanita difronte alla minaccia di castrazione. Dog ridacchiò compiaciuto con la sua voce roca da alcolizzato e, spostando il peso sulla schiena di Rivet, allineò il bacino col suo.
    "Dog," gemette Rivet col fiato corto, quando sentì l'erezione scivolargli tra le natiche. Lui rispose nel borbottio sconnesso tipico degli ubriachi, poggiando il palmo della mano tra le sue scapole, nella parodia di una familiare pacca sulla schiena, "Sono quì, ehi."

    Tre giorni dopo, l'Ave Maria avrebbe fatto porto a Calleigh, traboccando cadaveri dal portellone rugginoso, un'inquetante visione onirica dipinta di azzurro; Rivet e Dog si sarebbero separati.


    PS: Se siete curiose di vedere che aspetto hanno, li ho anche disegnati: Rivet e Dog
     
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    "Una sognatrice non si arrende mai!"

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    Ciao ho letto ieri la ff, anche quella sotto spoiler ma era tardi quindi ho preferito rimandare il commento. Perché hai esitato finora? La storia mi é piaciuta anzi mi chiedevo se c'era un seguito, in caso lo metti? Posta qualcos'altro per favore, verrò a leggerlo sicuramente :) Brava
     
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  3. AlexRedgrave
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    Grazie mille, sei troppo carina! <3 Ho esitato perché non mi sento molto esperta. Scrivo di rado se non per ruolare e mi viene difficile.
    Questo é tutto quello che ho scritto su di loro. Nella mia testa ho bene in mente tutta la loro storia e ogni tanto butto giú qualcosa.
     
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  4. superwholocked
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    stupende entrambe *-----* adoro come scrivi, spero posterai altre cose
     
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  5. AlexRedgrave
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    Grazie mille! :-V
     
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  6. Luxfero
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    Che bei pampini! Adoro le loro vicende, spero anch'io che prima o poi continuino <3
     
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    Every real story is a never-ending story...

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    Bella storia, mi piace! L'unica cosa, lo so, sono una gran rompipalle e spero tu non ti offenda per questo. Ci sono degli errori sulla punteggiatura, ma per il resto mi piace molto e spero di leggere il seguito!
     
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  8. AlexRedgrave
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    Figurati, non mi offendo! Grazie di averla letta <3
     
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7 replies since 23/5/2014, 21:50   98 views
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