~ Destiny or Will? ~

Satine's first FanFiction (spolier season 2)

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  1. - Satine -
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    Allora, la fanfiction qui di seguito è il primo racconto che scrivo in tutta la mia vita, escludendo quelli delle elementari. Quindi, vi prego di scusarmi per errori di sintassi e cose del genere! :P
    E’ ambientata nella seconda stagione di SN, dopo la morte di John. :cry:
    Ci sono personaggi in più e ho dato voce alla fantasia staccandomi ogni tanto, dalla trama degli episodi.
    Perdonatemi ancora, se alcune cose risultano troppo poetiche o troppo banali. :D

    Ecco i personaggi in più che compaiono nella FF. (Tenterò di aggiornarla di volta in volta, ma già so che sarà difficile..XD)
    Vi lascio l'immagine e una brevissima descrizione. ^^

    SPOILER (click to view)

    Charlize "Liz" Davies

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    Nasce il 24 Agosto 1987 a New York.
    Frequenta brillantemente la scuola fino al diploma. La sua famiglia è molto protettiva ed esigente con lei: Liz cresce senza essere mai viziata, nonostante la ricchezza dei suoi. Viene educata a lottare per ogni cosa che desidera e, sin da ragazzina, sarà costretta a lavorare per ogni suo sfizio. E’ solo con le ripetizioni e i piccoli lavori che riesce a rendersi un po’ più indipentende dalla sua famiglia. La sua grande intelligenza la porterà ad avere la possibilità di studiare a Princeton e Liz decide di approfittarne, nonostante la disapprovazione dei suoi genitori.
    E’ una persona davvero riservata e timida e riesce ad aprirsi solo in particolari situazioni. Non ama molto la compagnia, soprattutto quella femminile e adora stare da sola ad ascoltare musica o a leggere un buon libro.
    La sua grande passione è la scienza e in particolare, la fisica.


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    SPOILER (click to view)

    Allison Roberts

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    Nasce il 12 Marzo 1986 in una cittadina vicino a Las Vegas, in Nevada.
    La sua famiglia ha numerose generazioni passate di cacciatori e la ragazza viene istruita ad essere tale, sin da giovanissima. I suoi genitori sono così affettuosi e premurosi con lei tanto da non lasciarle i suoi spazi. Il carattere intraprendente di Allison la porterà ad andare via di casa alla maggiore età. Viaggia per tutti gli Stati Uniti del centro-sud, sulle tracce di strane sparizioni, morti ed eventi soprannaturali, riuscendo a cavarsela brillantemente. Comincia ad avere delle strane visioni dopo qualche mese dalla sua partenza e verrà aiutata da Missouri. Incontentabile, Allison continua ancora a viaggiare per la caccia e sul suo percorso incontra anche John Winchester, con il quale riesce ad instaurare una buona amicizia. Infine, decide di trasferirsi definitivamente da Missouri per poter imparare a dominare la sua abilità.
    Allison ha un carattere notevolmente particolare: è metereopatica, irritabilissima la mattina appena sveglia e piuttosto solitaria. Nonostante la sua introversione, rivela un grande senso dell’humor con chi conosce ed è una persona davvero leale.

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    Edited by - Satine - - 23/4/2008, 19:09
     
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  2. - Satine -
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    CAPITOLO 1 - Un incontro inaspettato
    Il ragazzo si svegliò di colpo. Aveva avuto un incubo. Si alzò dal letto mettendosi a sedere e come voltò lo sguardo, accanto a lui c’era una ragazza mora che dormiva seminuda. Tutto gli tornò alla vivida memoria: la sera scorsa aveva alzato il gomito con il wisky e aveva conosciuto l’ennesima ragazza con la quale passarci la notte e abbandonarla la mattina dopo. Come ogni volta, afferrò i boxer e si vestì velocemente. Prese le chiavi della sua macchina e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla donna ancora addormentata sul letto, aprì la porta ed uscì dalla stanza.
    Sarebbe dovuto tornare da suo fratello, ma indugiò in un bar a bere il suo caffè e poi si rimise in macchina per raggiungerlo. Fuori non c’era neanche un raggio di sole, il cielo era tristemente plumbeo e sembrava riflettere perfettamente il suo stato d’animo.
    *Perché?* si chiese *Perché sono così cretino?*
    Battè una mano forte sul volante mentre guidava. Avrebbe desiderato poter tornare indietro, giusto di qualche giorno prima. Forse, avrebbe trovato il coraggio di fare qualcosa. Parcheggiò la macchina davanti un edificio color arancio sbiadito e si avviò verso l’ingresso.
    Entrò in quella pallidissima stanza di motel e richiuse la porta dietro le sue spalle.
    -Sam?- esclamò dopo essersi guardato in giro. La stanza era vuota e non c’era traccia di suo fratello. Si distese sul letto non sfatto e si rese conto che Sam era in bagno.
    Qualche istante dopo, Sam uscì avvolto in un accappatoio e asciugandosi i capelli con un asciugamano.
    -Già di ritorno?- chiese prendendo i vestiti. Dean non rispose. Non aveva voglia di sentire l’ennesima ramanzina di suo fratello.
    -Trovato niente?- domandò lui mettendosi a sedere.
    -No. Sono stato a dormire io, Dean.- rispose Sam seccato, ma divertito.
    -Molto divertente.- ribattè Dean con lo stesso tono. -Allora, oggi si riparte. Dobbiamo trovare Derek.-
    Sam annuì e finì di vestirsi. Un quarto d’ora dopo, i due erano nella macchina del fratello maggiore e Sam cercava di orientarsi con una mappa cartacea.
    -Al diavolo!- esclamò gettandola al sedile posteriore. -E’ inutile, Dean. Non vuole farsi trovare e non capisco perché noi dobbiamo perderci del tempo.-
    Dean continuava a guidare senza proferire parola, sembrava ancora immerso in ciò che era successo qualche giorno prima. Sam lo fissò dubbioso e capì che forse non era il momento adatto per controbattere, guardò dal finestrino rimanendo muto come il fratello, mentre dal cielo cominciavano a scendere leggere gocce di pioggia.
    -Non sappiamo cosa può dirci, Dean. E non sappiamo chi è in realtà.- insistette Sam.
    -Sam, smettila. E’ l’unico che può aiutarci. L’unico che potrebbe sapere qualcosa di più.- rispose Dean continuando a guidare e attivando il tergicristalli.
    -Andiamo, Dean. Quando mai ti sei fidato degli indovini?-
    -Da quando abbiamo bisogno di sapere le notizie sul tuo destino.- rispose seccato Dean.
    Il suo tono aveva ferito Sam; era come se ce l’avesse con lui. Il ragazzo si voltò dall’altra parte e accese il suo telefonino nella speranza di trovare una distrazione. Una sua amica dell’università le aveva inviato una mail: gli chiedeva che fine avesse fatto.
    *Me lo chiedo anche io..* pensò tra sé Sam.
    Dean intanto non badò alla sua precedente alzata di voce e continuò a guidare immerso nei suoi pensieri. Ogni minuto che passava, la pioggia era più intensa e arrivò il momento che i tergicristalli dell’Impala non erano più sufficienti a pulire i vetri. Il maggiore dei fratelli accostò la macchina accanto un bar e i due uscirono per recarsi dentro.
    La ragazza del bancone vide entrare due ragazzi, uno più alto dell’altro, completamente zuppi. Guardò fuori e pioveva davvero a dirotto.
    -Salve ragazzi! Vi porto qualcosa?- chiede avvicinandosi dopo che i due si erano accomodati ad un tavolino.
    Sam sorrise alla donna e ordinò due panini e due bibite, Dean, invece, continuava a fissare fuori dalla finestra la pioggia che batteva sul terreno, quasi in trance. Era come se tra quelle gocce di pioggia riuscisse a scorgere il suo viso.
    Sam si schiarì la voce, nella speranza che Dean si voltasse, ma non successe nulla.
    -Dean..- disse con un tono basso..-Tutto bene?-
    Lui si voltò e l’osservò con sguardo perso. Solo qualche istante dopo si rese conto che stava rivelando troppo il suo stato d’animo, così prese a giocherellare con il portatovaglioli.
    -Sicuro!- rispose cercando di essere convincente.
    Per sua sfortuna, Sam aveva il dono particolare di riuscire a capire ogni singolo gesto di suo fratello e ogni singola espressione.
    -No che non è vero, Dean.- cominciò -Possiamo tornare indietro, Dean. Io lo so che vorresti farlo.-
    -Smettila Sam.- rispose nervoso Dean -Non so nemmeno a cosa ti riferisci.-
    -Ah, davvero?- controbbattè impuntato Sam. Cercò di moderare il tono e aggiunse:-Puoi sfogarti con me, Dean. Sono tuo fratello e mi fai sentire in colpa per questo tuo comportamento. Ce ne siamo andati solo perché l’hai detto tu. Io non voglio cercare nessun Derek. Non me ne importa un fico secco!-
    -Che cosa?- chiese sbalordito Dean. Lo guardava con occhi ben aperti, questa volta. -Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? A te non interessa un fico secco di sapere cosa sarà la tua vita?-
    Sam respirò lentamente e poggiò gli avambracci sul tavolo.
    -Dean, io credo nel destino. E se papà ti ha detto così, forse succederà davvero. Non ho possibilità di redimermi.-
    Dean scosse la testa, non credeva alle sue orecchie.
    -Vorresti dire che diventerai una sua marionetta? Sam, ascoltati, per la miseria!- implorò sbuffando.
    Sam rimase in silenzio, non sapeva che fare. La cameriera li servì senza proferire parola perché aveva ascoltato qualche frase e non voleva alimentare una rissa.
    -Grazie.- disse alla donna Dean.
    Era strano quello che succedeva. Forse, era la prima volta che Dean non guardasse con occhi maliziosi la ragazza; lo faceva sempre, ma qualcosa era cambiato. La mattina stessa non avrebbe voluto svegliarsi con quella donna. Lui voleva ritrovarsi accanto a un'altra ragazza. Quella che aveva ben stampato nella mente e purtroppo, anche nel cuore.
    Addentò il panino, come fece qualche istante dopo Sam. Il silenzio era calato tra i due: Dean si sentiva ferito da suo fratello e da tutto quello che era successo prima, continuava a dirsi che era stato una sciocco e che probabilmente Sam aveva ragione; al lato opposto del tavolo Sam masticava lentamente ripensando alle parole di Dean e ingoiato a forza il primo boccone del panino, alzò lo sguardo per incrociare quello di suo fratello.
    -Mi dispiace.- disse per volgere ancora via i suoi occhi -Volevo solo darti una mano.-
    Dean lo ascoltò e annuì.
    -Sto bene, Sam. Troveremo questo Derek. Poi, finirà tutto.- proferì quasi per sentenziare.
    Sam voleva controbattere, ma preferì finire il suo panino. Dopo che ebbero pagato, tornarono in macchina e ripresero il viaggio.
    La pioggia ancora batteva forte, ma il peggio sembrava essere passato.
    Erano quasi arrivati alla cittadina che stavano cercando. Un cartello alla loro destra diceva “Odessa - 100 km”.
    -Finalmente!- si lasciò scappare Dean quando riuscì a leggerlo.
    La cittadina era piuttosto piccola e stranamente immersa in un verde ben curato. Sam si meravigliò di come la siccità non l’avesse toccata quanto le altre zone del Texas.
    Aveva smesso di piovere e i due fratelli si diressero all’indirizzo che avevano trovato come ultima traccia di questo Derek. Era una casa quasi abbandonata che stonava vistosamente con le altre. Dean parcheggiò l’auto e insieme a suo fratello, si avviarono verso l’ingresso. Bussarono alla porta di vetro per più volte, ma nulla.
    Dopo qualche istante, si sentì un rompersi di vetri dal lato opposto della casa. Sam e Dean corsero subito a vedere e caricarono le pistole. Un uomo, davanti a loro, aveva rotto la finestra e proseguiva verso la strada opposta correndo.
    -EHI!- urlò Dean -Fermo o sparo!-
    Sam osservava la scena e alle parole di Dean sobbalzò. Sapeva di cosa era capace Dean e in quel mentre, sperava che l’uomo si fermasse.
    In effetti, le speranze del ragazzo si avverarono e l’uomo rallentò il passo per poi fermarsi definitivamente.
    -Così mi avete trovato.- disse con un tono di sconforto.
    Si voltò e i due ragazzi notarono che aveva un aspetto familiare. Aveva una barba folta e grigia, due occhi che somigliavano tremendamente a quelli della loro madre, una sciarpa scozzese avvolta al collo e una tracolla appesa, apparentemente vuota.
    Dean deglutì e abbassò la pistola.
    -Nonno?- disse stupito con un filo di voce.
     
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  3. - Satine -
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    CAPITOLO 2 - Un anno prima

    Parte 1

    Liz osservava l’orologio e tamburellava con la mano destra sulla sua borsa. Tra qualche minuto avrebbe dovuto sostenere il primo esame dell’università. Stava cercando di ripassare a mente le ultime cose quando la chiamarono dalla stanza. Prima della sua entrata, un ragazzo tutto rosso in viso era appena uscito.
    *Grandioso* pensò rammaricata.
    Un’ora dopo, la ragazza era in auto, cantava a squarciagola di felicità e cercava di sovrastare lo stero acceso ad altissimo volume. Aveva preso la patente due anni prima, ma ancora non imparava a controllare bene la sua macchina, non vedeva i cartelli quando era sana di mente e figuriamoci dopo aver superato brillantemente un esame di fisica.
    Come al suo solito, non aveva messo la freccia e non si era fermata ad uno stop, l’unica fortuna era che aveva rallentato. Non appena era sbucata dall’incrocio, una macchina le era venuta addosso. L’auto verde di Liz venne sballottolata leggermente verso destra e alla ragazza sembrò di non respirare più per la paura. Una volta realizzato quello che era successo, spense la radio e si voltò lentamente verso la sua sinistra. La macchina che l’aveva tamponata era nera e al posto del guidatore c’era un ragazzo che premeva ininterrottamente il clacson.
    *Oh, cacchio!* pensò Liz mentre si slacciò la cintura. Scese dall’auto, dopo aver raccolto una buona dose di coraggio, e richiuse lo sportello della vettura. Anche il guidatore dell’altra macchina era sceso e sembrava piuttosto inferocito.
    -Ma insomma, dove guardi quando guidi?- esclamò mentre lanciava occhiate all’ammaccatura della sua macchina nera.
    Liz respirò profondamente cercando di trovare una scusa attendibile, ma non riuscì a fare nulla se non fissare quel tipo biondo.
    -C’è uno stop lì!- indicò il ragazzo. Poi guardò l’artefice del tamponamento e incrociò le braccia squadrandola in attesa di una risposta.
    Liz odiava essere guardata, odiava che qualcuno potesse essere così interessato a lei.
    -Forse andavi un po’ troppo veloce tu!- azzardò mettendosi sulle difensive.
    -Che cosa???- gridò lui.
    -Eh, sì. Andavi decisamente troppo veloce!- insistette Liz con aria da strafottenza che non le apparteneva neanche un po’.
    Il tipo biondo controllò meglio la sua macchina e poi le disse:-Ringrazia che è giusto un’ammaccatura e che non sono in vena!-. Tornò in macchina e dopo averle lanciato un ultima occhiata, ripartì sgommando.
    Liz sbuffò sollevata e guardò con rammarico l'infossatura della sua auto. Era decisamente più evidente di quanto credesse.
    *Accidenti!* si disse passandosi una mano tra i capelli biondi. Era a secco con i soldi e avrebbe dovuto lasciare la macchina in quelle condizioni senza dire nulla ai suoi.
    Aveva lasciato la sua casa d’origine un paio di mesi prima, nonostante la disapprovazione di sua madre, ma soprattutto di suo padre, che era davvero protettivo con lei e che non la riteneva responsabile abbastanza. *E aveva dannatamente ragione!* pensò lei salendo in macchina.
    Era andata via per inseguire il suo sogno, ma aveva dovuto affrontare più difficoltà di quelle che si aspettava. Mise in moto, questa volta senza accendere lo stereo e tornò a casa.
    La mattina seguente sarebbe stata la giornata perfetta per un po’ di shopping, ma Liz decise di evitare per sperperare altri soldi inutilmente. Prese i libri e cominciò a studiare senza entusiasmo.
    Fuori il vento ululava forte e si era fatto buio. Sarebbe dovuta uscire per andare a lavoro in quel bar che odiava tanto. Si vestì con la prima cosa che gli passò sotto le mani ed uscì.
    La serata era stata anche peggio di quella che si aspettava: aveva rotto due piatti e perso tre ordinazioni. *Sono un disastro!* si disse mentre ripartiva con la macchina.
    Stava premendo sull’acceleratore un po’ troppo e dosò la velocità solo qualche istante dopo perché era davvero troppo buio ed ebbe paura di schiantarsi di nuovo contro qualcosa. La strada, infatti, sembrava scurirsi per ogni metro percorso e Liz sentì squillare il suo telefono. Lo afferrò ed un messaggio l’avvisò che il telefono le sarebbe stato disattivato visto che non aveva pagato la bolletta. Buttò il cellulare sul sedile accanto e battè le mani sul volante.
    -Accidenti!- gridò.
    Fu tutto in un attimo. Perse il controllo dell’auto e si ritrovò svenuta davanti un albero.

    Sam e Dean erano in viaggio e seguivano le tracce del mistero che avvolgeva le strade di periferia di Princeton.
    -Sam la prossima volta che ti viene la brillante idea di seguire le strane idee del tuo amico, portati la tua macchina!- disse Dean arrabbiato. Guidava per la strada rettilinea e scurissima alquanto agitato. Il fatto che qualcuno avesse ammaccato la sua macchina l’aveva innervosito per tutta la giornata.
    -Ci risiamo!- sbuffò Sam appoggiandosi al finestrino. -Lo sai che ho sempre buone intuizioni. Vedrai che troveremo qualcosa.-
    -Sicuro! Guarda ho appena visto un cervo con le ali!- rispose Dean facendo lo scherzoso ma senza nascondere l’evidente nervosismo. -Credi davvero che sia possibile che qualcuno possa diventare un matto da una notte all’altra?-
    -Dean, ma perché non ti fidi?- esclamò il minore dei due fratelli.
    -Perché questo è davvero assurdo!- rispose piccato Dean.
    -Te l’ho già spiegato. Non è così assurdo. Qualcuno non torna a casa per una notte intera e la mattina dopo sembra essere tornato da un’esperienza di premorte. Non è assurdo. E’ semplicemente possibile.-
    -Fa come ti pa..- rispose Dean non terminando la frase. Alla sua sinistra aveva intravisto un auto familiare contro un albero.
    -Visto?- controbbattè Sam scendendo dalla macchina.
    I due fratelli si armarono di pistole, sale e acqua santa e si apprestarono a scendere nel dirupo.
    -Che giorno è oggi, Sam?- chiese distratto Dean mentre cercava di evitare i rami degli alberi più bassi.
    -12 Ottobre, perché?- rispose Sam guardandolo sorpreso.
    -Gli incidenti di cui mi parli, si ripetono ogni due anni e un mese. L’ultimo era risalito al 2004, il 12 Settembre, no?-
    Sam annuì sorpreso e raggiunse la macchina insieme a Dean. Il maggiore dei due si guardò intorno per vedere se c’era qualcuno in giro e chiese “Aiuto”. Nessuno rispondeva. Intanto, Sam stava esaminando l’interno della macchina. C’erano macchie di sangue sul posto di guida, ma nessuna traccia del conducente né di nient’altro.
    -Potrebbe fare al nostro caso?- chiese Dean mentre ispezionava qualche metro più in là aiutandosi con la torcia.
    -Credo di sì.- rispose Sam. Alzò lo sguardo e forse a trecento passi da loro c’era una luce fioca proveniente da un’edificio smesso. -Di là!- disse indicandolo. Dean si voltò e insieme si incamminarono nella direzione della strana casetta. Una volta arrivati, la ispezionarono nel suo perimetro e assicuratosi che non vi fosse pericolo da fuori, forzarono la porta d’ingresso, se così si poteva chiamare, ed entrarono. L’uno guardava le spalle dell’altro, Dean andava avanti con la torcia ad altezza della spalla e la pistola che la sosteneva. Nessun segno di vita, a parte forse qualche strano insetto e qualche topo che fuggiva ai loro passi.
    Sam afferrò il braccio di Dean per trascinarlo nella stanza adiacente a quella d’ingresso.
    -Ma cosa..?- bisbigliò Dean. Osservò meglio e vide una ragazza distesa per terra a braccia incrociate posta all’interno di un cerchio disegnato con una polverina rossa.
    -Accidenti!- disse Sam spostando la sostanza con i piedi. Si inginocchiò davanti la ragazza e si rese conto che perdeva molto sangue da una ferita sulla testa e che era priva di coscienza.
    -Sam, muoviti!- disse Dean, mentre sue fratello la prendeva in braccio -Potrebbero tornare da un momento all’altro!-.
    In circa un cinque minuti, i due fratelli erano tornati alla macchina e avevano posto la ragazza distesa sul sedile di dietro e si dirigevano in motel. Sam era agitato e aveva paura che le avessero fatto qualcosa, Dean pigiava l’acceleratore il più a fondo che poteva.
    Una volta arrivati in stanza, Sam distese la ragazza sul letto e le pulì il sangue sulla fronte, poi aspettò che si svegliasse. Intanto, Dean si era messo comodo seduto al tavolino del monolocale con tutti giornali sparsi e con il diario di suo padre tra le mani. Cercava di capire cosa fosse quella polverina rossa; gli ricordava qualcosa di vicino a un rito di evocazione, ma non ne era certo. E poi, la cosa lo spaventava: la ragazza poteva davvero essere posseduta e loro non lo sapevano.
    Sam lo raggiunse qualche minuto dopo e l’aiutò a cercare.
    Erano le cinque e mezza di mattina e finalmente Sam esclamò leggendo:-I riti di evocazione di incorporazione sono pericolosi e antichi almeno quanto quelli di evocazione semplice. Il soggetto viene posto in un cerchio composto di una riga di polvere di mandragola rossa essiccata e una striscia di sale concentrica ad esso. Vanno pronunciate le classiche parole di evocazione aggiungendo del sangue della vittima lungo tre punti del cerchio.-
    Dean ascoltava attentamente suo fratello e tirò un sospiro di sollievo.
    -Almeno sappiamo che non è posseduta!- disse portando le mani dietro la nuca -Non c’era il sale se non in qualche punto , né tanto meno sangue sparso.-
    Sam annuì e guardò da lontano la ragazza.
    -Quindi c’è qualcuno che vorrebbe far tornare in vita qualche spirito in lei...- aggiunse mentre tornò a sfogliare il libro.
    -E deve essere per forza quello di una donna, il che restringe il campo.- concluse Dean. -Non ci resta che scoprire che diavolo è.-
    -Potrebbero venire a cercarla, Dean. Dobbiamo difenderla!- disse Sam guardandolo.
    -Credi che non lo sappia?- rispose Dean alzandosi -Distrubuisci il sale alle entrate.- aggiunse dirigendosi in bagno.
    Sam chiuse il libro ed eseguì quello che suo fratello maggiore gli aveva detto.

    Liz aprì gli occhi leggermente e si toccò istintivamente la testa. Sentiva un dolore lacinante sia sulla fronte che dietro la nuca. Quando riportò la mano davanti agli occhi si rese conto di avere del sangue sulle dita. Si mise a sedere spaventata e guardandosi intorno non riconobbe il suo appartamento. Dov’era finita?
    Trenta secondi di tempo e tutto le ritorno alla mente. Aveva avuto un incidente. Era l’ultima cosa che ricordasse. Si alzò dal letto e camminò in direzione del tavolo posto al centro di quella tristissima stanza.
    Sam senti dei passi e si voltò velocemente. Liz sobbalzò spaventata.
    -Ti sei svegliata!- disse sorridendole Sam -Come ti senti?-
    Liz scosse la testa e guardò il ragazzo. -Ma cosa..dove sono?- chiese con un filo di voce spiazzata.
    Sam l’accompagnò a risedersi sul letto e le spiegò che l’avevano trovata nelle condizioni peggiori che si potessero immaginare.
    Dean, intanto, stava uscendo dal bagno e andò incontro a Sam. Come guardò meglio la ragazza esclamò:-Tu!-
    Sam si voltò di scatto e guardò prima lui e poi la ragazza disorientato. Pensò il peggio. Forse era una delle ragazze di passaggio di Dean.
    Liz smise di respirare per qualche secondo. Il ragazzo che aveva tamponato la mattina prima era esattamente a qualche passo da lei. La tentazione di scappare era forte, ma venne trattenuta dalla stanchezza che aveva invaso il suo corpo.
    Sam prese parola per interrompere quell’attimo di tensione.
    -Vi conoscete?- chiese ingenuo guardando più Dean che lei.
    Dean annuì.
    -Sì, è quella talpa che mi ha tamponato ieri!- disse incrociando le braccia.
    Sam sorrise imbarazzato e guardò la ragazza di fronte.
    -Credo che te lo farà pesare fino all’eternità!- le confessò a bassa voce.
    -Fino all’eternità ed oltre!- rispose Dean da dietro.
    Liz sorrise al ragazzo con i capelli castani e poi guardò l’altro ancora un po’ intimorita.
    -Mi..mi dispiace.- balbettò.
    -Ah, beh, ci mancherebbe!- ribattè Dean.
    -Dean!- disse Sam guardandolo con aria di rimprovero. La sensibilità non era mai appartenuta a suo fratello. O almeno, lui ne aveva avuto prova molto raramente.
    Liz sorrise imbarazzata quasi dimenticandosi il perché lei fosse lì.
    Dean alzò le spalle e poi si appoggiò con le braccia incrociate al muro accanto. I due ragazzi spiegarono alla povera giovane cosa le era successo e cosa pensavano sarebbe successo.
    -Che cosa?- esclamò stupita Liz. Si alzò dal letto e cominciò a camminare avanti e dietro per la stanza.
    -Quindi vorreste dire che qualcuno mi ha presa per poter far...rivivere dentro di me lo...- s’interruppe e prese un bel respiro continuando -..lo spirito di qualcuno?!-
    Sam si alzò dalla sedia per andarle incontro, ma Dean lo anticipò: fermò la ragazza prendendola per le spalle e la guardò dritta negli occhi spauriti. Liz sobbalzò e incrociò lo sguardo di lui, solo che i suoi occhi terrorizzati cominciarono a diventare lucidi contro la sua volontà.
    -Ti proteggeremo noi. Non devi temere perché risolveremo questo problema.- disse deciso Dean.
    Liz era stranamente confortata da quelle parole e dalle sue mani che stringevano le sue spalle. Era strano ma si sentiva protetta con lui, con loro. Annuì e Dean lasciò lentamente la presa accennando anche un sorriso.
    -Come ti chiami?- chiese Sam, che si rese conto soltanto all’ora che non sapeva il nome della ragazza.
    -Charlize- rispose lei con una voce sottile. -Ma potete chiamarmi Liz.-
    -Piacere di conoscerti!- disse Sam allungando la mano in segno di piacere. -Io sono Sam e lui è..- aggiunse dopo che lei ebbe risposto con una stretta di mano.
    -E’ Dean.- concluse Liz sorridendo e guardando entrambi.
    Dean le sorrise e rimase leggermente incantato. Sam si schiarì la voce e disse:-Bene, da dove cominciamo?-

     
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  4. - Satine -
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    CAPITOLO 2 - Un anno prima

    Parte 2

    Erano passate ormai due ore da quando i tre si erano seduti a tavolino per capire cosa fare. Sam aveva preparato del caffè e Dean aveva storto il naso, visto che riteneva che suo fratello non sapesse cucinare nulla, neanche un misero caffè.
    Mentre ragionavano, Liz suggerì l’idea di fare da esca e di attrarre questo “tizio”, di cui ancora non sapevano niente. Per la prima volta Sam non disse nulla, nonostante era sempre contrario al “fare l’esca”, forse perché era consapevole che non vi era nessun altro modo per risolvere la cosa.
    Dean, invece, nonostante doveva ammettere che la ragazza aveva avuto l’idea migliore al caso, si alzò dal tavolo e camminò nervoso verso la finestra. Sam lanciò un’occhiata a Liz e poi raggiunse suo fratello, chiedendosi il perché di quella reazione.
    -Che c’è?- domandò accostandosi a lui.
    -Che c’è, Sam?- rispose ostinato Dean -C’è che non possiamo permetterle di fare l’esca, ecco che c’è!-
    Sam guardò meravigliato Dean. Di solito era sempre lui a proporre le soluzioni più drastiche e questa volta si stava tirando indietro.
    Dean fissava nervoso la maniglia della finestra mentre Sam era in silenzio.
    -Dobbiamo trovare un’altra soluzione.- disse secco.
    Sam cercò di ragionare ancora, ma non gli veniva altro in mente. Liz, intanto, era rimasta lì seduta al tavolo e fingeva di sorseggiare la tazza ormai vuota, impregnata dell’odore del caffè. Erano a pochi passi da lei e la ragazza aveva sentito tutto. Al silenzio di Sam rispose avvicinandosi ai due.
    -Non fa nulla. Posso farlo.- disse decisa.
    Dean si voltò lentamente e la guardò cercando di scovare nei suoi occhi un po’ di paura. Al contrario di quello che si aspettava, non c’erano né lacrime, né strani tremori. Liz sembrava davvero decisa.
    -Non se ne parla nemmeno!- esclamò Dean tornando a sedersi al tavolo e riprendendo le letture sui libri.
    Liz guardò Sam e poi si concentrò su Dean. Andò a sedersi di fronte a lui e disse :-E’ l’unico modo per trovarlo, lo sai vero?-
    Era testarda, decisamente testarda, azzardò nella mente Dean. La guardò ancora e poi lanciò un’occhiata a Sam che era rimasto stupito almeno quanto lui.
    Il maggiore dei fratelli sospirò e cercò di riflettere sulla soluzione che Liz aveva trovato. Si sentiva più protettivo del solito nei suoi confronti, ma non ci badò.
    -E va bene.- disse alzandosi, poi proseguì con un tono più deciso -Ma noi saremo vicino a te e non voglio sentire repliche.-
    Liz annuì in silenzio e poi aiutò i fratelli a preparare la trappola. La ragazza era stata posta come l’avevano trovata e Sam e Dean erano dietro le colonne e aspettavano che arrivasse qualcuno.
    A Liz il cuore batteva fortissimo e si stava dicendo in testa che era stata una matta ad offrirsi volontaria.
    Nessuno si fece vivo, però. Sam sospirò di sollievo come anche Liz e, invece Dean era piuttosto preoccupato. Perché non aveva funzionato la trappola?
    Ormai, era sera tardi e i ragazzi consigliarono a Liz di restare con loro, visto che non potevano prevedere cosa sarebbe successo. Sam, nonostante desiderasse restare sveglio, si addormentò come un bambino, mentre Dean e Liz restarono svegli e trascorsero dei minuti insieme.
    La ragazza era molto più serena di prima, aveva capito che con Dean poteva parlare e sentirsi al sicuro e Dean, da parte sua, si era reso conto di aver conosciuto una ragazza davvero speciale e aveva completamente superato quello strano rancore per la sua macchina; anzi, promise a Liz che l’avrebbe scarrozzata lui, se avesse potuto, così che lei avrebbe evitato altri incidenti.
    Si sorrisero più volte e intanto le ore della notte trascorrevano senza rendersene conto; infine, però, vennero entrambi colti dal sonno e Dean fu tanto gentile da lasciarle il suo letto, mentre lui avrebbe dormito sulla poltrona.
    Quando la mattina dopo Sam aprì gli occhi, si alzò dal letto per fare colazione e non trovò Liz. Era scomparsa.
    -Dean! Dean!- gridò a suo fratello che dormiva beato.
    Dean aprì gli occhi lentamente e se li stropicciò prima di rispondere a Sam.
    -Ma perché cavolo devi sempre svegliarmi con le maniere forti?- disse accigliato.
    -Dean, Liz non c’è!- rispose allarmato Sam.
    Dean balzò in piedi e girò la stanza entrando anche in bagno e gridando forme il nome della ragazza.
    -Charlize! Charlize!-
    Lei non c’era. Se ne era andata. No, no, era stata rapita.
    Sam guardò spaventato Dean. Non l’aveva mai visto davvero impaurito e questo non faceva altro che aumentare il suo sgomento.
    Sam prese la giacca e disse:-Andiamo a cercarla alla casa dove l’abbiamo trovata!-
    Dean imitò suo fratello e insieme uscirono.
    -Come accidenti ho fatto ad addormentarmi?- esclamò nervoso Dean mentre guidava -Cosa accidenti mi ha preso?-
    -Non è stata colpa tua, Dean.- rispose Sam cercando di calmarlo. In effetti, anche lui avrebbe dovuto proteggerla e invece, avevano fallito entrambi.
    Arrivarono di corsa nella casetta abbandonata e c’era un silenzio di tomba. Il fratello maggiore entrò velocemente senza badare al fatto che qualcuno potesse essere all’interno della struttura.
    -Charlize! Charlize!- gridò seguito poi da Sam.
    La stanza dove l’avevano trovata per la prima volta non c’era più, ma il cerchio era stato ridisegnato perfettamente e questa volta, c’erano anche le strisce di sale. I due perlustrarono la casa e Sam trovò Liz nello scantinato. La stanza era buia così tanto che sembrava di essere scesi nei meandri della terra. Come la ragazza intravide delle luci sobbalzò di terrore, credeva che l’uomo fosse tornato, ma per sua fortuna erano i fratelli Winchester.
    -Oh..Dio..- bisbigliò Sam osservando il brutto posto in cui Liz era stata rinchiusa.
    Dean slegò i polsi e le caviglie della ragazza, attaccati a una tubatura e poi le chiese:-Stai bene?-
    Liz annuì spaventata e Dean aggiunse:-Resta dietro di noi, ok?-
    La ragazza eseguì gli ordini, nonostante riuscisse a stento a restare in piedi, un po’ per paura e un po’ per l’effetivo dolore delle corde alle sue caviglie.
    Sam e Dean stavano avviandosi verso l’uscita, scortando Liz, ma la loro fuga venne interrotta da una risata stridula. Istintivamente entrambi si misero davanti alla ragazza e si guardarono intorno per vedere la persona che aveva emesso quell’inquietante suono. Dall’ombra emerse poco a poco un uomo sui cinquant’anni, con un’espressione quasi divertita.
    -Lei dovete lasciarla a me!- disse guardando dritto negli occhi il più basso dei due.
    -Neanche per sogno!- gridò Dean. Alzò la pistola e la puntò contro l’uomo.
    Lui non era uno spirito, non era un demone, né nulla di soprannaturale. Era un comunissimo sconosciuto, forse, semplicemente un po’ matto.
    Il cuore di Liz non aveva smesso di battere velocemente sin dalle ore precedenti, ma ora era davvero insopportabile. Mi se la sua mano sul braccio di Dean, quasi come per abbassarglielo, ma lui non esitò neanche per un secondo.
    -Puoi uccidermi, ragazzo!- sghignazzò l’uomo -Non mi interessa!- gridò.
    Dean non capiva. Voleva davvero uccidere quel tipo, la tentazione era fortissima, ma qualcosa in lui lo fermò. Sam prese parola.
    -Cosa vuoi da lei?-
    L’uomo rise acuto come prima e poi si avvicinò di qualche passo dando modo di far vedere il suo viso interrotto da numerose cicatrici.
    -Mi serve lei perché ho bisogno di mia moglie.-
    A Liz si gelò il sangue. Se i due fratelli non fossero arrivati lei sarebbe stata posseduta dalla moglie dell’uomo, il che non era augurabile a nessuno.
    -Figlio di pu***na!- esclamò Dean. Sam lo fermò e parlò ancora una volta, con tono comprensivo, ma anche indagativo:-Cosa è successo a tua moglie?-
    L’uomo indietreggiò e cominciò a contorcersi su sé stesso.
    -L’hanno uccisa! L’hanno uccisa loro!- bisbigliava aumentando in volume -Me l’hanno portata viaaaa!- gridò infine. Poi, in un impeto di rabbia si scagliò contro i fratelli e afferrò Liz.
    Ora la teneva per il collo e si avvicinava al cerchio disegnato. Era rosso in viso ed evidentemente fuori controllo.
    Estrasse il coltello dalla tasca della sua maglia rovinata e lo puntò alla gola della ragazza. Liz sussultò sentendo la lama fredda dell’arma sulla sua pelle chiara e guardò Sam e Dean con occhi terrorizzati.
    -Lasciala!- urlò Dean.
    -Mai!- rispose lui portandola al centro.
    Liz sapeva che ora era tutto nelle sue mani. Aveva sempre odiato quei film in cui c’era l’ostaggio, il rapinatore, il salvatore e l’atmosfera di ansia. Ora però, lei c’era dentro fino al collo. Sapeva che in quei momenti l’unica soluzione poteva essere offerta dallo stesso prigioniero: il salvatore non poteva fare nulla.
    La ragazza respirò cercando di calmare il cuore che pulsava davvero troppo velocemente, poi tolse una delle mani che teneva sul braccio dell’uomo per liberarsi, e tirò la gomitata più forte che poteva permettersi, dritta contro lo stomaco del tizio. Lui lasciò il coltello e si piegò in due lasciandola andare. Liz scappò e venne accolta dalle braccia sicure di Sam, mentre Dean premette il grilletto della pistola.
    Fu tutto in un attimo, Liz si voltò a guardare l’uomo e prima che potesse fermare Dean, il proiettile lo prese in pieno petto. L’uomo cadde a terra morente e respirò l’ultima boccata di aria guardando il soffitto come se avesse visto un angelo.
    Dean camminò verso l’uomo, seguito da Sam e Liz e quando si rese conto che era effettimavente morto, tolse la pistola e la ripose, come al suo solito, nei jeans. Liz toccò il suo braccio e quello di Sam indicando il alto. I sei occhi dei giovani, otto se contiamo anche quelli dell’uomo, erano puntati sul soffitto della stanza: una foto sbiadita rivelava le sembianze di quella che era la moglie dell’uomo ucciso, rassomigliante proprio ad un angelo.
    Dean abbassò lo sguardo e disse:-Torniamo a casa.-
    Sam guardò prima Liz, che annuì e poi Dean, rispondendo affermativamente.

    Dean aprì la porta e lasciò entrare gli altri due, poi lanciò le chiavi della macchina sul tavolo e si sedette sulla poltrona con il viso tra le mani. Sam rimase accanto a Liz senza dire nulla solo per qualche secondo.
    -Che cavolo ti è saltato in testa?- domandò stupito Sam -Ora uccidiamo anche gli innocenti? Dean!-
    Lui tolse le mani dal viso e guardò Sam altrettanto stupito.
    -Innocenti? Ti sembra che volesse regalarle dei fiori?- ripose arrabbiato, alzandosi e alludendo a Liz.
    -Accidenti, Dean. Hai ucciso un uomo. Volevi ucciderlo anche prima che ci raccontasse qualcosa!-
    -No, Sam. Smettila di dire ca***te. Sai quello che avrebbe fatto con lei. Lo sai!-
    -Non tutti sono irrecuperabili!- controbbattè Sam.
    Dean scosse la testa e non riuscì a trattenersi.
    -Quel figlio di pu***na meritava di morire! Ha perseguitato decine di altre ragazze, sperando che abbia fatto solo quello e non altro, e meritava di morire. Punto!- disse alzando la voce.
    Liz ingoiò pietrificata. Quella discussione la metteva tremendamente in imbarazzo e non sapeva che cosa fare, né a chi dare ragione.
    Sam scosse la testa.
    -Tu sei diventato matto!- disse uscendo e sbattendo la porta.
    Liz osservò la porta richiudersi violentemente e sentì la voce arrabbiata di Dean.
    -Ca**o!-
    Il ragazzo era tornato verso la finestra e aveva poggiato la testa contro il vetro. Liz si morse il labbro inferiore sentendosi tremendamente disorientata. Aveva appena visto un uomo morire e sentito una litigata per ciò che era successo.
    Si tolse la giacca e la poggiò delicatamente sulla sedia di fronte a lei, poi camminò verso Dean.
    Mentre gli occhi del ragazzo cominciavano a farsi lucidi per la rabbia mista a dispiacere, una mano sottile, leggera e con qualche piccolo taglio sui polsi toccò la sua, così gentilmente che Dean credeva di essere stato sfiorato dalla mano di un angelo.
    Liz intrecciò le dita con quelle di Dean e lo guardò da un lato.
    -Grazie.- sussurrò poggiando poi la sua testa sulla sua spalla.
    Dean si voltò e sorrise, senza che lei potesse accorgersi del fatto che dopo tanto tempo Dean, in quell’esatto momento, era in paradiso.
    Forse rimasero mano nella mano per un’ora intera, in silenzio, ascoltando l’uno il respiro dell’altra.
    Dean non si era mai sentito così imbarazzato e così felice nello stesso momento, mentre Liz era stranamente rilassata: era questo l’effetto che lui le faceva.
    La sera intanto, era scesa dolcemente e lentamente sotto i loro occhi.
    -Dovrei parlare con Sam.- disse infine Dean.
    Liz annuì.
    -Non vi siete capiti, secondo me. Io non potrò mai ripagare il fatto che mi avete...salvato la vita.- disse guardando alla fine Dean negli occhi.
    Lui le sorrise, avrebbe stranamente desiderato rigirare la stessa ultima frase a lei, ma non ne aveva il coraggio. Era troppo incantato dai suoi occhi.
    Liz sorrise in risposta. Aveva capito che Dean non era il tipo dalle mille parole e, in fondo, neanche lei lo era mai stata.
    Sam rincasò proprio qualche attimo dopo e vide Liz e Dean accanto alla finestra. Richiuse la porta per fargli sentire che era tornato. Dean si voltò subito e gli andò incontro.
    -Mi devi un pugno!- disse Sam.
    -Cosa?- chiese stupito Dean.
    Sam guardò Liz e poi passeggiò per la stanza.
    -Sono un cretino incredibile.- ammise agitando le braccia -Mi dispiace per quello che ho detto. Quello che hai fatto le ha salvato la vita e non dovevo dirti di non farlo. Era una cattiva persona e forse, così, ha trovato la sua pace.-
    Dean alzò le sopracciglia meravigliato, mentre Liz rimase più tranquilla: era come se già sapesse che Sam avrebbe chiesto scusa.
    -Grazie, Sam.- disse Dean sorridendo e con un filo di voce. Era vero, se non fosse stato per quel proiettile la vita di Charlize poteva ancora essere in pericolo.
    Sam sorrise a suo fratello e poi guardando Liz disse:-Perdonami, davvero. E’ solo che a volte...sono troppo altruista e ottimista.-
    La ragazza scosse la testa e andò contro Sam. L’abbracciò avvolgendo le sue braccia sottili intorno la schiena del ragazzo e rispose:-Non c’è nulla da perdonare.-
    Sam guardò un attimo Dean, quasi come se avesse paura di fare qualunque mossa, poi abbracciò in ricambio Liz e, quando lei si sciolse dall’abbraccio, le sorrise.
    -Grazie infinite per tutto.- disse lei guardando Sam e sorridendo a Dean.
    Poi riprese la giacca e si rivestì.
    -Vai via?- chiese Dean quasi triste.
    Liz sorrise e annuì.
    -E’ tardi e ho un grande bisogno di farmi un bagno caldo.- ammise lei. -Ci rivediamo in giro! Grazie ancora.-
    Poi, uscì richiudendo la porta dietro di sé e si avviò verso casa.
    Sam diede uno spintone a Dean, visto che lui sembrava essere rimasto a fissare la porta.
    *Sicuramente è immerso a fantasticare Liz in una vasca da bagno* pensò ridacchiando.
    -Ehi!- esclamò Dean guardandolo.
    Sam rise e poi aggiunse:-Non fantasticare troppo su di lei, fratellone. Non è per i tipi come te!-
    Dean guardò Sam con aria di sfida.
    -Io sono per tutti i tipi di ragazza, però.- disse pavoneggiandosi.
    Sam rise ancora e si rese conto che adorava stuzzicare suo fratello.
    -Ok, Casanova! Se lo dici tu...- disse avviandosi verso il bagno.
    Dean lo seguì con lo sguardo e gridò per farsi sentire:-Non è che lo dico io, Sam! E’ legge divina e basta!-
    Rise per le sue stesse parole e qualche minuto dopo era disteso a letto; prima di chiudere gli occhi, non potè fare a meno di immaginarsi quegli occhi profondi davanti ai suoi.
    Un isolato più distante, Liz era tra le dolci e soffici lenzuola del suo letto e stava pensando esattamente a lui. Entrambi in un sorriso sognante si addormentarono.

    Nel bel mezzo della notte il cellulare di Sam squillò più volte e quando il ragazzo rispose, per poco non gli veniva un’infarto. Era John Winchester, loro padre, colui che stavano cercando quasi da un anno ormai. Anche Dean si svegliò e ascoltò Sam parlare a telefono e nervosamente gli diceva di passarglielo; Sam, però, non fece in tempo a fare nulla se non a dire un “Sì, signore” e a sentire la conversazione terminata dall’altro capo della cornetta.
    -Che ha detto?- chiese agitato Dean.
    -Dobbiamo raggiungerlo.- rispose Sam senza aggiungere nient’altro.
    -Allora ripartiamo oggi.- disse Dean deciso.
    Sam lo guardò un attimo interdetto, ma non esitò.
    Prepararono i borsoni e mezz’ora dopo erano per strada, Sam guidava e Dean cercava di capirne qualcosa di più su quello che loro padre gli aveva detto.
    -Non so nient’altro!- disse Sam dopo aver ripetuto per l’ennesima volta le testuali parole di John.
    Prima di partire, sapevano entrambi che sarebbero dovuti andare da Liz, così Sam imboccò una deviazione e suonarono il campanello dell’appartamento.
    Liz era seduta al tavolo della cucina con la tazza di latte e cioccolato tra le mani e sussultò leggermente al suono del campanello. Si chiese chi poteva essere a quell’ora e andò ad aprire.
    -Sam! Dean!- esclamò sorridendo -Entrate!-
    I due ragazzi entrarono e Sam disse:-Buongirono, Liz. Noi...stiamo ripartendo. Abbiamo un’urgenza.-
    Liz ascoltò le parole di Sam e un’espressione malinconica comparve sul suo viso.
    -Nostro padre ci ha chiamato e dobbiamo raggiungerlo.- spiegò Dean evitando il suo sguardo.
    Liz annuì, lui le aveva spiegato quale era la loro storia e sapeva che non potevano trattenersi.
    -Va bene.- disse sorridendo, ma con un filo d’amarezza.
    Sam l’abbracciò e le disse:-Mi raccomando, sii prudente!- Poi si sciolse dall’abbraccio e Liz annuì.
    -Io comincio a scendere, Dean.- disse guardando suo fratello. -A presto Liz!- aggiunse con un sorriso e un cenno della mano, poi si avviò verso le scale e raggiunse la macchina appoggiandosi al cofano. Guardava in alto per poter intravedere le figure di Dean e Liz nell’appartamento e pensò che suo padre aveva avuto un tempismo unico. La sola volta che Dean era rimasto folgorato, a suo parere, da una ragazza per bene, li aveva chiamati e aveva disturbato la prima caccia che avessero entrambi avuto a cuore.
    -Che ingiustizia...- bisbigliò guardando l’ora.
    Qualche metro più su, Liz era rimasta ferma accanto al muro senza proferire parola. Si sentiva trementamente disorientata e aveva cominciato a intuire il perché.
    -Mi dispiace.- disse Dean, guardandola.
    Liz scosse la testa.
    -Non è colpa tua. E’ vostro padre e sono felice per voi, visto che riuscirete a trovarlo questa volta.-
    -Grazie.- rispose Dean. Abbassò lo sguardo e fissò il bordo del tavolo del salotto così intensamente che cominciò a preoccuparsi. La testa gli pulsava e si sentiva in un’insicurezza unica.
    Non riusciva più a trattenersi, però.
    Camminò velocemente verso di lei e l’abbracciò stringendola forte contro il suo petto, come se sapeva che l’avrebbe persa per sempre. Il viso di Liz era appoggiato sulla sua guancia e i suoi occhi cominciarono a farsi lucidi per davvero. Non si era sentita mai così impotente in vita sua.
    Dean respirò il profumo dei suoi capelli e chiuse gli occhi per un istante. Poi, allentò la presa e si rese conto che quel gesto era doloroso come pochi compiuti in precedenza nella sua vita. La guardò negli occhi lucidi e Liz si sentì così vulnerabile che arrossì. Si asciugò con le lacrime che erano spuntate ai lati degli occhi e sorrise poggiando le sue mani sul petto di Dean. Lui le diede un tenerissimo bacio sulla fronte e le sorrise dolcemente.
    -Mi raccomando, guarda sempre gli Stop prima di uscire dagli incroci, Charlize.- le raccomandò scherzando.
    Liz sorrise e annuì, adorava come lui era protettivo con lei e che la chiamasse Charlize.
    Dean le accarezzò il viso e tolse le mani dalla sua schiena. Sentiva che se fosse rimasto ancora un secondo di più, non avrebbe più trovato il coraggio di andare via.
    -Se hai bisogno, chiama, ok?-
    -Certo, Dean.- rispose la ragazza.
    Lui annuì e, facendosi un po’ più serio, disse:-Bene. Io, allora...-
    -Vai.- finì Liz con un sorriso.
    Dean annuì ancora e dopo averla guardata un’ultima volta aprì la porta ed uscì dall’appartamento. Camminava a passo svelto e cercava di trattenere l’impulso che l’avrebbe ricondotto tra le sue braccia. Non poteva lasciarsi andare. Lui non era destinato a quello. Non meritava una vita serena, né tantomeno una famiglia, figuriamoci una ragazza!
    Raggiunse Sam.
    -Allora, andiamo?-
    -Dean, posso andare anche solo io, se vuoi.- consigliò Sam.
    -Non se ne parla, Sam. Sali in macchina.- disse entrando al lato del posto di guida.
    Sam lo raggiunse e chiuse lo sportello.
    -Dean, ne sei certo?-
    Liz, intanto, corse alla finestra per vederli partire un’ultima volta. La macchina nera uscì dalla strada sotto casa sua e proseguì verso sinistra, diretta chissà dove.
    -Addio, Dean.- bisbigliò tenedo stretto tra le mani il foglietto con il suo numero.
     
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    CAPITOLO 3 - Tutta la verità, nient'altro che la verità?

    Derek li guardava spiazzato. Non avrebbe mai immaginato che fossero cresciuti così simili a loro padre e a sua figlia. Sospirò cupo.
    -Ma come è...- si lasciò sfuggire Sam guardando lui e poi Dean. Non ci stava capendo nulla. Avevano seguito le tracce di un chiromante e l’avevano condotti al padre della loro madre. Come era possibile? Che c’entrava lui in tutto questo?
    -Ci devi delle spiegazioni.- disse brusco Dean.
    Derek annuì e con loro entrò in una casa vicino a quella abbandonata.
    Era miseramente arredata e sembrava che nessuno vivesse lì dentro da tempo.
    L’uomo li ospitò nel salone d’ingresso e li fece accomodare sul divanetto posto accanto la finestra. Fuori aveva ripreso a piovere ininterrottamente e Derek dovette accendere la luce per illuminare la stanza.
    -Caffè?- chiese ai due. Dean annuì e Sam lo imitò.
    Derek si diresse nell’angolo cucina poco più distante da loro e mise la caffettiera sul gas.
    Tornato in salotto, prese posto sulla poltrincina, di fronte ai due ragazzi, accavallò le gambe e intrecciò le mani.
    Un silenzio imbarazzante era sceso nella casa, ma Dean non esitò neanche per un momento. Suo nonno non voleva parlare e lui lo avrebbe obbligato, anche a costo di prenderlo a schiaffi. La situazione lo innervosiva parecchio. I dubbi di Sam cominciarono a farsi anche suoi e si chiese se per tutto gli anni passati suo padre non gli avesse nascosto parti importanti della storia della loro famiglia.
    -Allora?- disse con tono insistente.
    Derek sobbalzò leggermente e guardò Dean negli occhi, abbassò lo sguardo e cercò di riflettere su come cominciare nel racconto.
    Dean lo guardava ancora scettico, quando suo nonno si decise a prendere parola.
    -Le parole che sto per dirvi potranno farvi stare male, ragazzi.- disse.
    Il minore dei due anticipò suo fratello nel rispondergli.
    -Abbiamo il diritto di sapere tutto.- disse fissandolo serio.
    Derek annuì e pensò che prima o poi, i due avrebbero saputo la verità da qualcun altro, quindi tanto valeva essere chiari una volta per tutte.
    -Mia madre era di origini francesi e sin da bambina venne indirizzata nella...stregoneria.- raccontò titubante. -La famiglia aveva sempre avuto legami con il mondo soprannaturale sin dagli avi più antichi. Come sapete, io sono nato nel New Jersey e fino all’età di 13 anni non ho mai scoperto cose del genere. I miei famigliari, mia madre per prima, volevano tenermi protetto da eventi del genere e non mi raccontarono nulla.-
    Si prese una pausa e poi dopo un bel respiro continuò sotto gli sguardi attenti dei suoi nipoti.
    -Nell’estate del mio tredicesimo anno di vita, mia madre e mio padre furono costretti a tornare in Francia, per via della malattia che affligeva mio nonno; non potendomi lasciare solo, però, mi portarono con loro e lì, per la prima volta, conobbi mia nonna. Lei e mia madre non facevano altro che litigare e io ogni sera desideravo di poter tornare alla mia vera casa.-
    -Basta con queste scemenze.- lo interruppe duro Dean. -Vogliamo sapere la verità, senza giri di parole.-
    Derek osservò suo nipote con occhi penetranti e non potè fare a meno di ammettere che aveva ragione. Si stava dilungando su parti inutili.
    -Bene.- disse cambiando posizione sulla poltrona.
    -Nell’estate che seguì, mia madre non riuscì a tenermi lontano da mia nonna, e lei mi insegnò parecchie cose sulla chiaroveggenza. E questa è la spiegazione al fatto che voi mi abbiate trovato. Mio nonno morì nel Settembre dello stesso anno per cause...sconosciute. Tornammo in America con mia nonna e io continuai gli studi con lei. In famiglia non c’erano più segreti e i miei genitori mi confidarono essere dei cacciatori, destino che, dopo qualche anno, sarebbe toccato anche a me. In una delle loro missioni, vennero entrambi uccisi e io continuai ad essere curato da mia nonna che cercava di inculcarmi quest’arte di famiglia. Avevo 19 anni quando conobbi la mia futura moglie e ci sposammo l’anno successivo. Mia nonna aveva tentato in tutti i modi di dissuadermi, perché in quei tempi, avrei dovuto unirmi con un’altra famiglia di cacciatori, cosa che, in effetti, non avvenne. Ebbi una bambina, Mary, vostra madre, e decisi di trasferirmi in Texas per allontanarmi da mia nonna. La vita proseguiva piuttosto tranquilla e lei non si fece più sentire per parecchio tempo. Sembrava avesse abbandonato la sua tenacia.-
    Derek parlava lentamente per far assimilare tutto ai due ragazzi.
    Sam seguiva attento e Dean era appoggiato allo schienale del divano e fissava suo nonno con sguardo dubbioso. Non sembrava fidarsi di lui. Derek non ci badò e proseguì il racconto.
    -La notte del quindicesimo compleanno di Mary, mia moglie venne assassinata sulla via di casa da un presumibile spirito o demone che fosse. Dopo la sua morte, numerosi fenomeni del genere si verificarono dovunque avessi affetti. Anche Mary rischiò quasi di morire e parecchi parenti di mia moglie finirono sottoterra. Cominciai a capire che la causa di tutto ero proprio io e, in tali situazioni, avevo il compito di difendere mia figlia. Dovevo fare delle ricerche, viaggiare e incontrare persone. L’affidai a una cara amica di famiglia e prima di partire, le raccontai tutto. Mary prese la cosa nel modo migliore possibile e condusse una vita felice e indisturbata. Si sposò con vostro padre e ebbe il primo figlio, Dean.- disse guardando il maggiore dei due.
    Sam aveva il sangue gelato e Dean sembrava essere rimasto pietrificato. La loro madre sapeva tutto dei demoni, degli spiriti e del paranormale, prima di sposare loro padre.
    -E’ una balla!- gridò Dean alzandosi dal divanetto.
    Derek lo seguì con lo sguardo.
    -Allora andatevene se non volete credermi.- disse brusco. -Non capisco perché dovrei mentirvi.-
    -Perché l’hai fatto fino ad oggi!- proseguì Dean.
    Silenzio.
    -Non pensavo saremmo arrivati fino a qeusto punto.- ammise Derek. Alludeva a tutto ciò che era successo il mese scorso. John era morto e con lui era sparita la Colt. L’unico della famiglia che era rimasto era proprio lui e aveva il compito di proteggere i suoi nipoti. Non avrebbe potuto lasciarli soli in mezzo alla bufera.
    -Dean...Lascialo finire.- intervenne Sam.
    Dean lo guardò e capì che forse non era il momento migliore per fare il ferito. Tornò a sedersi sul divano e continuò ad ascoltare suo nonno parlare.
    -Quando eri nato, io ero in giro per l’Europa a cercare di risolvere il mistero che aveva incluso la scomparsa di mia moglie e venni raggiunto dalla notizia della morte di mia nonna da un vecchio amico di famiglia. Tornato in America, mi raccontarono che, a quanto pareva, mia nonna fosse morta per salvare me da uno dei demoni più potenti di allora. Feci visita a mia figlia per consigliarle di trasferirsi in qualche altro posto, ma lei non volle sentir ragioni. Amava la sua famiglia più di qualunque cosa e sarebbe morta per difenderla, mi disse.-
    La caffettiera, intanto, cominciò a brontolare e Derek si alzò per tornare, qualche secondo dopo, con un vassoio e tre tazze di caffè.
    -In quel tempo- proseguì tornandosi a sedere -venni a conoscenza di una vecchia leggenda, secondo la quale un demone stava radunando una specie di esercito umano per schierarlo dalla sua parte. Dopo numerose ricerche, scopriì che era stato proprio lui ad uccidere mia nonna e mia moglie. La cosa cominciava a farsi seria.-
    L’uomo si fermò per qualche secondo e sorseggiò il caffè respirando lentamente.
    -Consigliai ancora una volta a Mary di stare in guardia, ma litigammo e non la vidi per quattro lunghi anni.- continuò interrompendosi poco dopo. La morte di sua figlia gli aveva dato un dolore incolmabile e si rese conto che gli faceva davvero male parlarne davanti ai suoi nipoti.
    -Il mio rapporto con vostro padre, come sapete, non era mai stato dei migliori e, infatti, né lui né Mary mi avvisarono della nascita del loro secondogenito. Ricevetti una triste telefonata qualche tempo dopo e John mi avvisò che mia figlia era stata uccisa.-
    Dean abbassò lo sguardo a quelle parole. Sam, invece, prese parola.
    -Quindi nostra madre sapeva tutto del demone?-
    Derek scosse la testa.
    -Non lo so, Sam. Dalla nostra litigata non riusciì più a risentirla. Lei non voleva parlarmi e io non volevo rovinarle la vita. So solo che morì alla stessa maniera di mia nonna.-
    Sam sussultò leggermente e strinse più forte la tazza di caffè.
    -Cosa hai fatto dopo?- chiese Dean.
    -Vostro padre scoprì le mie origini e quelle di Mary che era, in realtà, una figlia di cacciatori. Da lì, cominciò tutte le ricerche e per un periodo collaborammo insieme. Poi ci separammo di nuovo e ognuno proseguì per la sua strada.- rispose l’uomo.
    Sam osservò Derek.
    -Hai saputo di...- disse interrompendosi. Voleva sapere se la notizia della tragica morte di John gli fosse arrivata.
    Derek osservò il nipote più piccolo e abbassò lo sguardo.
    -Ho saputo.- rispose con un tono basso -Ma non mi hanno detto il perché. Mi dispiace molto, ragazzi.-
    Dean sviò volutamente l’argomento del perché della morte di suo padre. Lui si sentiva ancora tremendamente in colpa. Abbassò la testa e osservò il caffè che roteava nella tazza impugnata.
    Sam annuì leggermente.
    La loro madre era, in realtà, una cacciatrice. Beh, non era proprio esatto, però, conosceva il paranormale prima di loro padre. Probabilmente conosceva anche il Demone YED e non aveva detto nulla. Per giunta, John sapeva tutto e non aveva proferito parola con i suoi figli.
    Dean sbattè la tazza sul tavolino, si alzò nervosamente.
    -Ma perché non ce l’avete detto prima?- urlò rabbioso -Papà sapeva tutto e ce l’ha tenuto nascosto! Ma perché? Perché?-
    Le sue parole rimbombarono nella stanza e si sentì il rumoreggiare di un tuono lontano.
    Sam abbassò il capo senza dire parlare. Aveva ragione. Perché John non gliel’aveva detto? Perché tenerli all’oscuro?
    -Non lo so, Dean. Ma mi aveva fatto giurare che neanche io dovevo dirvi nulla se non..beh, se non arrivati a questo punto.- rispose Derek.
    Quel lontano pomeriggio John gli aveva fatto visita e gli aveva detto che si sarebbe allontanato dalla città. L’aveva sbattuto al muro facendogli promettere di tenere la bocca chiusa con i suoi figli e lui, così aveva fatto. Derek, invece, si sentiva in colpa. Sapeva che John non era stato giusto, aveva nascosto notizie così importanti ai suoi figli.
    Avevano ragione, come biasimarli?
    -Accidenti!- imprecò Dean sbattendo un piede per terra.
    -Non c’è un modo per...scoprire qualcosa di più su ciò che sapeva la mamma?- chiese Sam ignorando suo fratello. Non era il momento per arrabbiarsi. Non che lui non lo fosse, però, sapeva che il loro nonno poteva essergli d’aiuto e sfruttò la cosa.
    -Ho cercato ma...non c’è traccia di nulla. L’unica cosa che posso dirvi è che parecchie conoscenze di Mary sono state poi sfruttate da John.- spiegò guardando il giovane -Missouri. Credo sappiate chi sia, vero?-
    Sam annuì e Dean tornò a sedersi accanto a lui cercando di ascoltare. In realtà, i pensieri in testa gli frullavano più velocemente di quanto potesse immaginare.
    -Vostra madre ha vissuto con la sua famiglia, o meglio, io l’ho affidata a loro, e lei e Missouri divennero amiche piuttosto strette. Magari lei saprà qualcosa di più.- ipotizzò il nonno.
    -Potrebbe?- continuò Sam.
    Derek annuì.
    -Beh, come sapete, lei c’è dentro fino al collo nel paranormale. Vi saprà dire qualcosa di più rispetto a me.- rispose ancora.
    Sam si alzò e poggiò le tazze di caffè, ormai vuote, sul lavandino dell’angolo cottura e tornò dagli altri.
    -Andiamo?- chiese a Dean.
    Lui si alzò e annuì a suo fratello. Derek consegnò un biglietto a Dean e un fascicolo rilegato in una cartellina arancione sbiadita.
    -Lì c’è il mio numero di telefono e la cartella contiene informazioni su spiriti recentemente avvistati. Per qualunque cosa, chiamate e non abbiate timore.- spiegò l’uomo guardando più Dean che Sam.
    Il fratello maggiore prese il materiale, ripose con cura il biglietto nella tasca della sua giacca e si avviò verso la porta. Sam guardò Derek.
    -Non ti ho mai conosciuto molto e di te non ricordo nulla, ma ti ringrazio per averci spiegato tutto questo.- disse accennando un sorriso alla fine. -Anche tu. Se hai bisogno, sai come trovarci. Arrivederci.-
    Si avviò verso la porta ed uscì dall’abitazione; Dean guardò l’uomo e prima di richiudere l’ingresso annuì guardandolo e poi sparì.
    Derek restituì lo sguardo a Dean. Si avvicinò alla poltrona e si chiese se davvero avesse fatto la cosa giusta, se davvero avrebbero scoperto qualcosa di buono i due fratelli. Forse, avevano avuto già abbastanza dolori e sapere che Mary sapeva tutto non li aveva aiutati. Aveva solo peggiorato ogni cosa.
     
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  6. - Satine -
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    Quarto Capitolo
     
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  7. - Satine -
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    Aggiornati i personaggi!
     
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  8. - Satine -
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    Ecco il quinto capitolo!

    Ok, vi avviso che è lungo un bel po'..direi anche troppo! Ma non riuscivo a smettere di scrivere e ho cercato di sviluppare gli eventi nella maniera più chiara possibile..
    Non odiatemi se la "trama portante" non viene sviluppata..Ero in vena di romanticismo..:wub:
     
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7 replies since 25/3/2008, 19:56   179 views
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